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13 Febbraio - GONARS

Il secondo giorno, il 13 febbraio,  ci siamo recati a Gonars. Ci ha accompagnato nella visita  Giancarlo Ferro, concepito in Istria però nato nel campo di Gonars ed attualmente consigliere comunale. Due sono i luoghi simbolo visitati: il memoriale e il campo di concentramento.

Il memoriale si trova nei pressi del cimitero di Gonars ed è costituito da un sacrario o meglio tre sacrari, opera della Repubblica  Jugoslava nel 1973, della Slovenia nel 1993 e della Croazia nel 1995 che contengono 471 cripte che contengono i resti delle vittime che si ebbero nel campo di Gonars dal 1942 al 1943 per fame e malattie.

Il campo di Gonars era stato costruito nell’autunno del 1941 in previsione dell’arrivo di prigionieri di guerra russi, ma in questo senso non fu mai utilizzato. Nella primavera del 1942 venne invece destinato all’internamento dei civili della cosiddetta “Provincia italiana di Lubiana”, rastrellati dall’esercito italiano in applicazione della famigerata Circolare 3C del generale Roatta, comandante della II Armata, che stabiliva le misure repressive da attuare nei territori occupati e annessi dall’Italia dopo l’aggressione nazifascista alla Jugoslavia del 6 aprile 1941. I rastrellati dall’esercito italiano  furono per la maggior parte intellettuali, studenti, insegnanti, intere famiglie e tutti coloro che venivano individuati come potenziali oppositori e tra essi erano presenti alcuni artisti che lasciarono alcune delle loro opere dentro al campo. Alcune di queste sono state riprodotte sotto forma di mosaico ed esposte dove sorgeva il campo.

Il campo di Gonars fu, insieme a quello di Arbe (isola di Rab, oggi in Croazia), il campo fascista in cui si ebbero le peggiori condizioni di vita: baracche strette e lunghe, da 80 a 130 prigionieri per baracca; baracche praticamente senza riscaldamento o con stufe mal funzionanti, ma molti (specialmente uomini adulti) dormivano in tenda; igiene impossibile per mancanza di tutto; pidocchi, scabbia, tifo e mancanza di cibo.

Dall’estate del ’42 internarono circa 10.000 tra sloveni e croati, e vennero lasciati in condizioni di vita pessime, per questo motivo ne morirono circa 500 tra cui almeno 70 erano bambini, nati e morti nel campo di concentramento.

Il campo rimase in funzione fino al 1943, quando dopo l’armistizio l’esercito italiano dovette abbandonare il campo e lasciarono liberi tutti gli internati. Nei mesi successivi la popolazione di Gonars smantellò il campo utilizzando i materiale per costruire altre costruzioni come ad esempio un asilo infantile. Oggi del campo non ne rimane quasi nulla.  

Nel 2010 l’amministrazione di Gonars ha eretto, nella zona dove sorgeva il campo, quattro stele commemorative, che contengono altrettanti piccoli mosaici, in cui sono rappresentate alcune delle opere fatte da persone che si trovavano nel campo. In mezzo ad esse è posto un braciere stilizzato le cui fiamme sono rappresentate da filo spinato.

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